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Lo schema è di disarmante essenzialità, utilizza il mezzo più semplice e diretto, occupa poco posto, è comprensibile, divertente, richiede il minimo del tempo per essere interpretato, viaggia leggero, di tanto in tanto si priva anche del peso delle parole. Gli basta un guizzo di matita, pochi tratti, una superficie bianca; ma è capitato che si accontentasse del retro di uno sgualcito menù di trattoria, un foglio qualsiasi, spiegazzato o meno, un quadratino, il cerchio di un bicchiere, per depositare il distillato del veleno dolce amaro di una vignetta satirica. Condensato di intelligenza, visione, fiuto, compassione al curaro e un segno in grado di ustionare l’occhio del protagonista preso di mira.
Se poi è un politico di rango il piacere è sublime, tranne che per l’interessato. Tutto questo è raccolto con dovizia e accuratezza nella mostra allestita a Torino presso la sala Ipogea dell’Archivio di Stato titolata “Dalla Storia alla Satira”, curata da Dino Aloi, Aldo Mola, Paolo Moretti.
Le vignette esposte, circa 400, ricoprono un arco temporale che va da Cavour ad Andreotti, a queste si aggiunge una bella sezione sui personaggi contemporanei.
Prettamente uomini politici. Dalla prima vignetta che presenta un panzuto Cavour del 1861, a senatori, deputati e leader dei nostri giorni. Le loro magagne, i difetti, le inettitudini, le fobie, ingabbiate in tenere o feroci vignette. Un modo non convenzionale per raccontare un paese che lo è ancor meno, la sua storia come una lunga sequenza di fermo immagine, la satira come filtro attraverso cui esprimere quel bisogno o dramma di sorridere, soprattutto quando c’è poco da ridere. Garibaldi, Mazzini, il Risorgimento, Vittorio Emanuele II, poi Giolitti, Pio X, Mussolini, il dopo guerra, Berlinguer e Cossiga, Leone e Scalfaro, fino a Prodi, Berlusconi, Fassino, Casini, Ciampi, insomma tutti o quasi.
Rileggere l’accaduto attraverso questi disegni restituisce qualcosa, l’italica capacità di resistere ai suoi governanti, o come scrive Massimo Gramellini intervistato da Amalia Angotti “La satira ha fatto la storia d’Italia. In un Paese serio come il nostro, che tende a riempirsi di retorica e a riverire il potente, è un modo per aprire la finestra e fare uscire un po’ d’incenso”. Resta pur vero che un uomo politico più è effigiato e soggetto di vignette più è grande la sua popolarità, come grande diviene la percezione di una parte della sua natura evidenziata dalla perspicacia e bravura dei disegnatori.
Le tavole presentate sono apparse per lo più su giornali e riviste, testimoni anch’esse di una trasformazione del disegno, della caricatura, degli stili, una storia nella storia.
Promotore della mostra è il Consiglio Regionale del Piemonte in occasione dei 150 anni dell’Unita d’Italia, unità che sicuramente deve più di qualcosa alla satira, scrive Aldo Mola in catalogo “ le vignette satiriche fecero della lotta per l’Italia unita un cavallo di battaglia privilegiato, anzi il suo vero banco di prova”.
La definizione che più coglie nel segno è quella che il curatore Dino Aloi suggerisce: “Il felice connubio che si instaura tra storia e satira non è questione accademica, ma rientra più nella fenomenologia del sociale” quindi l’ideologia come l’utopia possono essere considerate due aspetti di un unico modello maliziosamente raffigurabile.
Edmondo Bertaina