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Nel panorama musicale, Jeff Buckley è un caso più unico che raro. In vita ha avuto il tempo di incidere un solo disco, Grace, nel 1994. Tre anni dopo, durante le session per un nuovo album, l’esistenza di questo ragazzo sensibile, nonché musicista geniale e cantante sublime, si spegne tra lo struggente rammarico di migliaia di fan attoniti per la notizia.
Grace esercita ancora oggi un misterioso fascino, vende e spinge vecchi e nuovi ammiratori a ricordare l’artista con un evento musicale in sua memoria. A tal motivo i prossimi 16 e 17 novembre presso l’Uncommon Ground, un locale di Chicago, si terrà la 13^ edizione dell’annuale tributo a Jeff Buckley. All’evento prenderanno parte numerosi artisti – i cui nomi non sono ancora stati resi noti – provenienti da Francia, Italia, Danimarca, Olanda, Messico, Regno Unito e Australia. A rinfocolare la tormentosa mancanza di un mito della musica rock, ci penseranno brani del repertorio di Jeff e canzoni da lui amate e proposte in tour.
L’idea delle due serate è curata da Mary Guibert, madre e amministratrice unica dell’opera postuma di Jeff. E’ lei a menzionare la “nevosa notte del febbraio 1994" in cui suo figlio, proprio all’Uncommon Ground, si rese protagonista di un leggendario set definito da Grg Kot (columnist del Chicago Tribune) "Miglior concerto dell’anno".
La storia di Jeff Buckley assomiglia ad una fiaba spezzata da un lutto straziante che lentamente genera una leggenda. Figlio di Tim Buckley, cantautore e sperimentatore del “folk-jazz” negli anni ’60 e ’70, da lui eredita tratti somatici e doti vocali non comuni. Come lui muore in giovane età scarsamente considerato per il suo reale valore. Dopo anni di gavetta e serate in locali di New York da 5 dollari a biglietto, Jeff Buckley pubblica quel suo mitico album da studio nella prima metà degli anni ’90, epoca monopolizzata dal sound di Seattle. E’ un punto di rottura, una visione diversa del rock in quegl’anni. “La gente mi chiede che genere di musica fosse e io rispondo, qualcosa che sta in mezzo a Billie Holiday e Led Zeppelin”. L’efficace affermazione di Mick Grondahl, bassista di Jeff, è illuminante ed arricchisce l’enunciato esposto dallo stesso Buckley, incapace di essere banale anche quando elenca le sue influenze musicali: “Amore, rabbia, depressione, gioia e sogni”. Sostantivi e non band. Stati d’animo e non stili compositivi.
Grace è un album romantico e onirico, magnetico e trascendentale. In un continuo saliscendi narrativo lo sguardo dell’autore è volto a rimirare il lato spirituale della vicenda umana, dalla desolazione più cupa all’estasi nel volgere di una nota: un viaggio sulla rotta delle emozioni. Emozioni amplificate dalla magica voce di Jeff capace di abilità funamboliche. Innamorato di Édith Piaf, ma soprattutto grande fan di Robert Plant e Nina Simone, Buckley mescola le opposte qualità canore dei suoi ispiratori in uno stile personale che non ha eguali. Uno stile agli antipodi rispetto a quanto proposto durante gli energici live. Se nel disco prevalgono i brani vellutati è durante i concerti che la propensione al rock, inaspettatamente “tirato”, risulta palese. Sono fulminanti le versioni di Kick Out The Jams, degli MC5, e le rivisitazioni degli Zeppellin.
A proposito di cover, è una viscerale versione di Hallelujah, di Leonard Cohen, che permette a Jeff di scalare la classifica di un ipotetico albo d’oro dei migliori cantanti di sempre: una graduatoria che, in questo caso, prescinde e supera tutte le distinzioni di genere. A quale categoria musicale, è ascrivibile questa fenomenale celebrazione delle possibilità vocali dell’essere umano? Se per alcune religioni dio si è fatto uomo, qui l’essere divino si è fatto voce dell’uomo. Da questo momento Hallelujah non sarà mai più di Cohen: sarà per antonomasia “la canzone di Buckley”.
Dopo la registrazione di Gace, Jeff non ha il tempo di dare un seguito al debutto. Muore per annegamento in un tragico incidente il 29 maggio del 1997. Ma non è nell’anniversario della scomparsa che si celebra l’arte e la vita di questo straordinario musicista. Il giorno di apertura del tributo, infatti, coincide con il giorno della sua nascita: il prossimo 16 novembre, Jeff Buckley avrebbe compiuto 44 anni.