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In Italia troppo spesso i politici sono divisi in due grandi categorie umane e si è sottolinea un equivoco: sono più leali al leader del partito coloro che lo adulano ovvero coloro che pur rimanendogli al fianco sollevano esplicitamente dubbi sulle scelte al fine di poter correggere l’indirizzo politico?
Furono più leali ed amici di Benito Mussolini i vari “leccapiedi” del capo come Farinacci, Scorza, Pavolini, ecc. oppure chi come Dino Grandi e Luigi Federzoni non fecero altro, pur rimanendo nel partito, che pungolare e spingere il capo a fare scelte migliori per l’Italia. Anche la notte tra il 24 ed 25 luglio del 1943 allor quando Dino Grandi, durante la riunione del Gran Consiglio del Fascismo, propose di votare un ordine del giorno con iI quale di fatto si toglievano i poteri straordinari al capo di Governo per restituirli, a norma dello Statuto Albertino, al Re. La scelta dell’allora Presidente della Camera del Fascio e delle Corporazioni (che aveva sostituito la Camera dei Deputati) nonché anche Ministro di Grazia e Giustizia, era soprattutto nell’interesse di Mussolini. I soliti “amici” proposero al duce di far arrestare il reprobo e questi disse che lo avrebbe fatto dopo il voto sicuro di avere la maggioranza, ma, posto al voto l’ordine del giorno, Mussolini scoprì di essere in minoranza. A quel punto non gli restò che andare dal Re nella certezza che questi gli avrebbe confermato la sua fiducia, invece il Re lo fece arrestare dai Carabinieri e condurre sul Gran Sasso.
La vicenda, con le dovute differenze, ricorda non poco ciò che è accaduto nel PDL nel luglio scorso. Non l’opposizione, ma pochi coraggiosi e non allineati supinamente alla volontà del capo, hanno avuto il coraggio di porre delle questioni e dei dubbi sull’indirizzo politico del partito e del Governo. Ed affermando una lealtà al PDL, al Governo ed al capo, maggiore di quella espressa anche con violenza verbale dai così detti “fedelissimi”, coloro che affiancano il capo sempre anche nelle più evidentemente errate decisioni.
Con un atto del partito sono stati dichiarati fuori dallo stesso, coloro che si sono posti in posizione dialettica nei confronti del PDL e del Governo senza dichiararsi fuori da entrambi. Guarda caso le cose non sono andate nel modo in cui sperava il capo, coloro che hanno costituito i Gruppi Parlamentari erano molti più di quanto ci si potesse attendere, il Governo di fatto alla Camera dei Deputati rischia di non avere la maggioranza. Anche in questo caso colui che ha avuto il coraggio di affrontare gli strali e gli strascichi del capo è il Presidente della Camera. Lo stesso che nel 2003-2005 ebbe il coraggio da ex fascista di affermare che “le leggi razziali e l’olocausto hanno rappresentato una grave macchia sull’Italia” e poi che “il fascismo è stato il male assoluto”. Da ex fascista se avesse usato termini più morbidi, o confrontato i due eventi storici con il nazismo e con lo stalinismo, i soloni e commentatori politici avrebbero detto: “il solito fascista”. Da ex fascista doveva usare termini perentori per ammettere i propri errori.
Un altro uomo politico di estremo coraggio è stato Ariel Sharon. Generale dell’Esercito Israeliano, eroe riconosciuto della guerra dei sei giorni, voluta dal capo di Governo Golda Mehir e da Moshe Dayan, fu eletto ben presto al Parlamento nel Partito del Likhud quale esponente della Destra. È sempre stato definito dalla stampa come un “falco” poco propenso alla pace con i palestinesi di Arafat. Ma lo è stato finché Arafat non è riuscito a raccogliere tutte le anime del movimento palestinese ed a convincerli che la pace è possibile ed è possibile costituire finalmente lo Stato Palestinese deliberato dall’ONU sin dal 1947. Tanto che da capo del Governo Israeliano è riuscito anche con l’Esercito a sgomberare dai coloni israeliani la Cisgiordania, per restituire l’area al neo-nato Stato Palestinese, è stato proprio Ariel Sharon, neppure i laburisti di Peresh erano riusciti. Tanto è vero che il premio Nobel per la pace Shimon Peresh entrò nel Governo Sharon in qualità di Ministro degli Esteri, eppoi fu co-fondatore del nuovo Partito Kadima proprio con Sharon. Solo Sharon poteva compiere gli atti più seri e concreti per lo sgombero della Cisgiordania dallo Stato di Israele.
Altro uomo di coraggio è stato Jacques Chirac, Presidente della Repubblica Francese appena ri-eletto. Nel 2002 propose una modifica della Costituzione che riduce il mandato del Presidente da sette a cinque anni.. Approvata questa modifica egli, cercò la fusione dei due grandi raggruppamenti di Partiti del Centro-Destra: il Rassemblement pour la Republic (RPR) costituito da Charles De Gaulle e l’Union pour la Democratie en France costituita da Valery Giscard d’Estaing. Il risultato riuscì a metà, in quanto mentre il RPR aderì totalitariamente al progetto, l’Udf si divise, la maggioranza è andata con Giscard e Chirac, una minoranza diretta dal liberal-socialdemocratico Bayrut ha scelto di rimanere autonomo sotto la sigla di Nuova Udf. Il secondo mandato di Chirac, per la cronaca, è durato appunto solo 5 anni.
Anche De Gaulle nel 1968 ebbe coraggio, ormai vecchio e stanco dopo mille battaglie, il Generale fu travolto dalla contestazione generale di quegli anni, molto violenta in Francia, se, come sembrava volesse fare, avesse abbandonato il campo, la Francia sarebbe stata sconvolta e nelle sue istituzioni si sarebbe creato un provabilissimo caos. Invece, egli assunse in se i poteri straordinari previsti dalla Costituzione, proclamò lo stato di emergenza, fece usare il “pugno di ferro” e la contestazione si ridimensionò nel giusto ambito, riducendo le violenze popolari. Dopo si ritirò a vita privata, e ciò favorì l’elezione a Capo dello Stato di Georges Pompidou più moderato ma dello stesso Partito.
Harry Truman, Presidente del Repubblica USA dal 1945, ebbe il coraggio di fare una riforma che sembrò essenziale: la riduzione a due dei mandati presidenziali. Infatti, gli USA nel 1945 venivano da una serie di ben tre mandati consecutivi del Presidente Franklin Delano Roosevelt, e se la salute dello stesso non fosse precipitata improvvisamente portandolo alla morte, sembrava destinato a durare ancora a lungo alla Presidenza della Repubblica. Truman appena eletto pensò, terminata la drammatica seconda guerra mondiale, che la prima riforma da fare fosse la riduzione a non più di due dei mandati presidenziali.
Disse Alessandro Manzoni: “… se uno il coraggio non lo ha, mica se lo può dare”.