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“Incontrare Claudio Abbado è come incontrare un’idea. E’ l’attimo di sospensione prima che l’orchestra cominci a suonare: è quel silenzio carico di significato e di talento pronto a esplodere. Si tende ad attribuire agli uomini geniali una mania, una qualche forma eccessiva di sensibilità, una misura di follia. Abbado molti lo descrivono come uomo di poche parole. In realtà è un uomo in ascolto. (…)”
A scrivere questa toccante introduzione contenuta nel programma di sala dei tre applauditissimi concerti romani dell’Orchestra Mozart di Bologna diretta da Claudio Abbado è stato il giornalista e scrittore Roberto Saviano, mica uno qualsiasi. La reciproca ammirazione tra i due è ormai risaputa.
Venerdì scorso chi scrive ha potuto rivivere per l’ennesima volta (nella cornice impagabile della Sala di Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica di Roma di Renzo Piano), l’emozione unica, straordinaria di assistere ad un concerto diretto da Claudio Abbado.
Ogni volta si tratta sempre di un’occasione imperdibile: ascoltare e vedere dal vivo la giovane compagine “Mozart” risplendere nelle sonorità più diverse, curata con maniacale precisione nell’ articolazione ed espressione di ogni dettaglio dinamico e agogico, vibrante di infuocata passione nell’ondeggiare superbo dei suoi archi, magica nei docili e talora sopraffini timbri degli ottoni e dei legni. E tutto questo grazie al cesello paziente, all’entusiasmante lavoro di quell’elegante, sorridente signore di nome Abbado che in pochi anni ha “costruito” questo ennesimo gioiello, l’ultimo in ordine di tempo dopo l’Ecyo (European Community Young Orchestra), la Chamber Orchestra of Europe, la Mahler Jugend Orchester e la Mahler Chamber Orchestra.
Ad assistere al concerto non potevano mancare alcuni ospiti di rilievo: dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, insieme alla signora Clio, al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta e a Roberto Benigni, anche lui con la consorte Nicoletta Braschi. La serata ha naturalmente mantenute le trepidanti attese della vigilia.
In particolare di esemplare bellezza, compattezza e solidità sono parse le interpretazioni offerte da Abbado e dai suoi “ragazzi” nella celebre Quarta Sinfonia “Italiana” di Felix Mendelssohn Bartholdy e nella meravigliosa Sinfonia K.551 “Jupiter” di Mozart, quest’ultima colonna portante e per certi versi inarrivabile del cosiddetto Classicismo viennese.
Un po’ discontinua invece la prova del violinista Giuliano Carmignola, che ha alternato nel Concerto per violino e orchestra K.216, sempre del “Divin Salisburghese”, momenti egregi ad altri, quasi imbarazzanti, al cospetto di un’orchestra tecnicamente strepitosa e di un direttore che conferma, ancora una volta, di essere il più autorevole Maestro vivente, dopo la scomparsa nell’ultimo trentennio di figure titaniche come Karajan, Bernstein, Celibidache e Carlos Kleiber.
Bis a grande richiesta dopo autentiche ovazioni e lunghi, convinti applausi, appagato con l’ouverture Egmont di Beethoven, restituita in un’agile lettura di luminosa, trascinante brillantezza ritmica. Concerti del genere andrebbero trasmessi in prima serata tv da Mamma Rai…Perché – ci chiediamo – continua puntualmente a non accadere?