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L’urgenza di una narrazione che si stempera nella contiguità di forma e colore è per Cingolani una pratica ormai assodata. Soggetti snelli, saettanti, vivono di una motilità che il paesaggio tende ad assorbire in sé, creando un affascinante quanto inestricabile camouflage. Con questa introduzione fino al 27 marzo si terrà la mostra di Marco Cingolani "4 Progressioni" organizzato dalla Libera Accademia di Belle Arti di Brescia e curata da Alberto Zanchetta.
Per Cingolani, tutto è incanto, stupore, diletto: surreale rêverie che si fluidifica tra lo sfavillio dei rossi-gialli e le abrasioni dei blu notte, in un luminismo pittorico che perdura anche nelle ombre. Sia nei grandi dipinti che in quelli di piccolo formato, i titoli rimangono allusivi per lasciare un senso di indeterminatezza, a dimostrazione di come l’aneddotica di Cingolani ami sbizzarrirsi in racconti ebbri di particolari-situazioni, capaci di sedurre lo spettatore più – e meglio ancora – che con le parole. Commenta l’artista: «Dio non ama l’omogeneo, il suo disegno è ricco di dettagli e particolari. Merito del pittore è avere il colpo d’occhio racchiudendo tutto in un quadro». Assistiamo così a una riscoperta di un retaggio spirituale e artistico che ha la sua fede incrollabile nei pennelli e nei colori (i quali trasudano continue, inarrestabili, relazioni). Ogni quadro pare infatti risplendere della luce delle cose, e del mondo stesso, in un trionfo/tripudio dell’occhio.
Per l’occasione Marco Cingolani esporrà quattro dipinti 80×100 cm in cui sarà possibile comprendere il modus pingendi con cui l’artista giunge a definire la forma ultima del quadro (iter che si esemplificherà nelle prime stesure del fondo, nelle susseguenti velature di colore, in interventi/ripensamenti successivi, via via fino alla ri-finitura dell’opera).
Marco Cingolani nasce a Como nel 1961 e si trasferisce a Milano nel 1978. Inizia a frequentare l’ambiente creativo underground, in cui l’arte si mischiava con la moda e la musica punk. In quegli anni si stava formalizzando a Milano una nuova sensibilità artistica le cui radici non affondavano più nella storia dell’arte e nella citazione ma praticava la manipolazione critica della realtà e delle sua comunicazione attraverso i mass media. L’immagine veniva decontestualizzata, sottratta all’uso del senso comune, stravolta radicalmente, quasi schernita. Il lavoro di Marco Cingolani, sin dagli esordi, ha sempre cercato di annullare il potere normativo delle immagini mediatiche, sottoponendole alla cura radicale dell’artista, certo che l’arte possa offrire un punto di vista decisivo per l’interpretazione del mondo.