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Ha cambiato il mondo della fotografia e della grafica, è diventato al pari del botulino un alleato indispensabile per le star (e non solo), cancella in un colpo solo i nostri ex dalle immagini, aiuta la satira (e a volte anche la politica) a deformare la realtà: oggi 19 febbraio compie vent’anni la prima versione di Photoshop uno di software più longevi ma anche più venduti al mondo, presente – come dice la Adobe – sui desktop del 90% dei creativi di numerosi settori dal design all’architettura, dal video al web.
La distribuzione della prima versione di Photoshop con Adobe inizia nel febbraio 1990, ma in realtà la primissima versione denominata ‘Display’ fu realizzata da Thomas Knoll nel 1987, visualizzava però solo immagini in scala di grigio. Fu il fratello, John Knoll, che lavorava per la società di George Lucas nota per gli effetti speciali di film come Star Wars e Star Trek, che incoraggiò Thomas a sperimentare: mesi di paziente lavoro su un Macintosh II (il primo Mac a colori) e la riscrittura del software consentirono l’installazione dei primi rudimentali filtri, la compatibilità con diversi formati, correggendo luminosità, tonalità, pennelli e strumenti per la selezione. Così i fratelli Knoll partirono all’assalto della Silicon Valley: prima si accordarono con Barneyscan che produceva software (la prima versione fu distribuita con circa 200 prodotti), poi si rivolsero ad Adobe che capendo le potenzialità del programma si accordò con i due fratelli riconoscendo loro royalty sulle vendite. La distribuzione iniziò appunto nel 1990 e fu subito un gran successo: già nei mesi successivi venne rilasciata una nuova versione e tante altre negli anni a seguire (nel ’99 arriva anche l’ottimizzazione delle immagini per il web) fino a quella odierna che è la CS4, ma anche applicazioni per i telefonini.
Ovviamente ci vorrebbe un libro intero per raccontare i tanti traguardi di un software oramai indispensabile che ha portato tanti cambiamenti anche al nostro costume. Basti pensare che con i suoi filtri taumaturgici è il sale di qualunque copertina di moda e non solo (una star nostrana come Antonella Clerici ha ammesso di usarlo per spianare la pancetta) ma anche di qualunque book fotografico (di recente è stato usato pure al contrario per ingrassare le modelle per una campagna contro l’anoressia). E un uso abbondante ne fanno anche i candidati politici (per apparire belli sui loro manifesti elettorali, ma anche la satira per sbeffeggiarli) e una foto sul Times di Obama in versione Andy Warhol ha fatto il giro del mondo. Senza contare che ha dato una mano anche a realizzare delle bufale: l’ultima in ordine di tempo, la foto di John Fitzgerald Kennedy su uno yacht in compagnia di alcune donne nude, che invece nello scatto originale erano in bikini.
Insomma, tutti indizi che dimostrano, nonostante gli anni, la vitalità di questo software tradotto in ben 27 lingue che ritocca oramai tutte le foto che vediamo mescolando reale e virtuale. «Lo uso per fare piccole correzioni di colore, quando la gente guarda le mie foto, non vede immagini al Photoshop, vede la realtà», ha detto il fotoreporter americano Joel Meyerowitz, vincitore di tanti premi e l’unico ad aver avuto accesso a Ground Zero dopo il crollo delle Torri Gemelle.