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“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.(Art. 1 della Dichiarazione universale dei diritti umani – 1948). E’ la dichiarazione d’intenti della manifestazione che si svilupperà a Bari nelle giornate dal 18 al 28 febbraio: la Puglia risponde a Rosarno con la “Primavera dei diritti”, la maratona culturale che trasformerà per undici giorni il Teatro Kursaal Santalucia e altri spazi diffusi sul territorio regionale in un laboratorio di buone pratiche per la riscrittura di un nuovo alfabeto delle culture e per la tutela dei diritti civili universali. Un progetto della Regione Puglia, Assessorato al Mediterraneo, con soggetto attuatore il Teatro Pubblico Pugliese, pensato nella duplice funzione di evento spettacolare e melting pot nel quale confrontarsi, esprimersi ed apprendere in nome del dialogo e della tolleranza tra etnie e credo religiosi diversi.
Professor Luigi Pannarale (ordinario di Filosofia del diritto alla Facoltà di Giurisprudenza di Bari) lei è responsabile del settore Lezioni di diritto, può darci la sua opinione riguardo questo importante appuntamento?
La complessità del sistema dei diritti necessita di una pluralità di linguaggi per essere osservato e descritto nella sua unità e molteplicità. La scienza può dire alcune cose molto meglio che non altri tipi di linguaggio, essa è soprattutto il linguaggio della razionalità, dell’analisi, delle "teste fredde", ma ci sono cose che con la scienza non possono essere dette fino in fondo: c’è un mondo dell’indicibile che sfugge al linguaggio scientifico e che richiede altre forme di espressività. La nostra scommessa è appunto quella di coniugare il linguaggio scientifico con quello artistico per cercare di parlare contemporaneamente al cuore ed al cervello delle persone, di fornire contemporaneamente emozioni, sensazioni, ma anche ragionamenti, di superare in ogni caso i luoghi comuni e le frasi di buon senso e farne capire fino in fondo tutta la estrema pericolosità sociale. Quando, ad esempio, si confonde democrazia con sistema maggioritario e si pensa che a colpi di maggioranza si può fare qualsiasi cosa, fino a negare i diritti delle minoranze, dei più deboli e dei più svantaggiati, si rischia di portare la nostra esperienza giuridica e politica indietro di molti anni, si rischia di cadere in una forma di imbarbarimento molto peggiore della più terrificante delle dittature; si dimentica cioè che i diritti, soprattutto i diritti fondamentali, non hanno la funzione di tutelare lo strapotere delle maggioranze, ma piuttosto quella di salvaguardare le minoranze dalle prepotenze e dall’arroganza della maggioranza e di chi detiene il potere politico.
La “Primavera dei diritti” in realtà ha avuto il suo prologo già dai primi di febbraio con “Waiting for Primavera”. Risultati fino adesso ottenuti?
I risultati sono molteplici. Innanzitutto quello di coinvolgere in questo evento non soltanto la città di Bari ma l’intera Regione attraverso una serie di spettacoli ed eventi di grandissimo pregio, che sicuramente non sono marginali rispetto all’evento e che potrebbero trovare sicuramente collocazione anche nei 10 giorni della "Primavera" propriamente detta, se dovessimo fare riferimento soltanto alla loro qualità. Essi sono, in un certo senso, preparatori, proprio perché hanno incominciato ad arare un terreno, sul quale poter seminare ed hanno creato un’incredibile attesa nei confronti dell’iniziativa, che mi è testimoniata dalle moltissime telefonate, mail, richieste non solo di addetti ai lavori, ma di tanti giovani, studenti, lavoratori, che stanno sin d’ora cercando di ritagliarsi quanto più spazio possibile per essere presenti in quei giorni alla nostra Primavera.
E’ questa una rassegna multidisciplinare ideata con l’obiettivo di raccontare, attraverso i molteplici linguaggi dell’arte e della cultura, ma com’è nato il progetto?
Il progetto parte da lontano. La mia cattedra già da un paio d’anni ha istituito un Seminario scientifico permanente chiamato "Cinema, diretto le società", che è ormai punto di riferimento a livello nazionale per gli studi in questo settore, inconsueto per l’Italia, ma già molto affermato in altre realtà europee (Francia, Germania, Spagna, Regno Unito) ed internazionali (soprattutto Stati Uniti e Brasile). Stiamo avviando una rete di ricerca con queste altre sedi universitarie e abbiamo allo stesso tempo costituito insieme alle Università di Bologna, di Genova, di Torino, di Firenze la Italian Society for Law and Literature, che colma un vuoto della cultura giuridica italiana e consente di avviare importanti progetti di ricerca finora scarsamente praticati. Perciò non c’è parso vero di poter offrire questa forma di collaborazione inconsueta al Teatro pubblico pugliese e di creare così questo evento unico, ma speriamo ripetibile!
“Primavera dei diritti” è allo stesso tempo un racconto ed un esperimento. Ricerca, sperimentazione e confronto tra culture. In questo momento storico secondo Lei, se ne sente la necessità?
Il problema non è nuovo, ma ciononostante rimane di difficilissima soluzione: si tratta di comprendere attraverso quali vie la diversità possa finalmente essere vista non più come un pericolo, ma come una risorsa. Lo ripetiamo molte volte, da moltissimi anni, eppure ciononostante alcune volte ciascuno di noi, anche il più onesto intellettualmente, si scopre a diffidare delle novità, di ciò che ci appare troppo diverso dalle nostre abitudini e dai nostri modelli di vita; a volte c’è richiesto un grande sforzo di razionalizzazione per superare i pregiudizi. È una ginnastica mentale, richiede allenamento, va ripetuta tutti i giorni ed in molteplici circostanze; ma come la vera ginnastica ci rafforza, ci tempra e ci migliora. Oggi poi siamo veramente frastornati dalle novità e dalle diversità e quindi è ancora più facile avvertire un senso di smarrimento e di paura, ma ciononostante basta riflettere per capire che senza novità e senza pluralismo il mondo sarebbe molto più povero, arretrato, noioso. D’altronde nessun movimento conservatore è mai riuscito ad arrestare definitivamente la “naturale” evoluzione della storia; al più è riuscito a rallentarla per qualche anno a costo di un grande dispendio di risorse e di vite umane. Ne vale la pena? Forse sono più produttive e più auspicabili altre strade.
Verranno a Bari grandi nomi di artisti, nazionali ed internazionali, giuristi ed esperti in tema di migrazioni, omosessualità, pari opportunità, sicurezza e cooperazione. Qualche nome di richiamo a Bari per la prima volta?
Potrei rispondere che sono tutti nomi di richiamo sia quelli nazionali che quelli internazionali e rappresentano, in questo momento, quanto di meglio la cultura giuridica possa offrire sui temi trattati. Alcuni di questi nomi probabilmente sono più noti al grande pubblico, altri alla stretta cerchia degli studiosi e degli addetti ai lavori, ma posso assicurare che non ci sono “riempitivi”, è solo “prima scelta”! Si è creata una sorta di circolo virtuoso in questa iniziativa, così che man mano che andavamo avanti e proseguivamo negli inviti le adesioni erano sempre più entusiastiche, perché cresceva la consapevolezza di partecipare non solo ad un evento di grande spettacolarità, ma anche ad una "maratona culturale" in questo momento unica in Italia e forse anche in Europa. Anche per gli eventi spettacolari e artistici vale il medesimo discorso; va piuttosto evidenziata la grande eterogeneità di linguaggi e di forme di espressione artistica che si è riusciti a mettere insieme. Seguirli tutti sarà forse impossibile, ma ognuno potrà scegliere in base ai propri gusti ed alle proprie disponibilità di tempo.
Ricordiamo anche gli ospiti delle lectiones magistrales, coordinate dal Dipartimento interfacoltà di Scienze Storiche e Sociali dell’Università di Bari. Come Stefano Rodotà (che apre il 23 febbraio gli incontri) e tanti che altri hanno accolto l’invito.
Rischierei di essere scortese con qualcuno degli illustri ospiti, citandone alcuni e tralasciandone altri. Però confidando sulla loro comprensione penso che almeno tre nomi vadano fatti: il primo è quello di Stefano Rodotà, un giurista raffinatissimo che sta generosamente dedicando questa fase della sua vita ad un’appassionata e strenua difesa dei diritti delle persone, egli ormai è un paladino e un punto di riferimento e d’incoraggiamento per tutti noi; il secondo nome è quello di Franco Cassano, un barese ormai notissimo in ambito nazionale ed internazionale per aver ridato senso ed orgoglio al nostro essere meridionali; il terzo nome è quello di Elizabeth Wolgast della California State University, ormai un mito vivente del movimento femminista internazionale, che torna in Europa dopo molti anni.
L’intero programma di “Primavera dei diritti” annovera sette categorie di eventi, alle quali si vanno ad aggiungere quelli in “Outdoor”. I giovani una forza da alimentare, di che si tratta?
Gli eventi “outdoor” hanno una duplice valenza: da un lato danno spazio a forme di creatività impossibili nel chiuso di un teatro; dall’altro hanno un valore simbolico, quello cioè di aprire la nostra manifestazione il più possibile verso la città, di rendere l’intera città protagonista di questo importante evento culturale. Ovviamente è una sfida assai rischiosa soprattutto nel mese di febbraio, una sfida che solo dei “matti”, quali sono gli organizzatori di questa maratona, potevano lanciare!
Ritiene questo evento esportabile?
Perché un evento come questo possa realizzarsi, occorre che si verifichino una serie di improbabilità. In primo luogo occorre una classe politica che comprenda l’importanza di investire in cultura soprattutto in un momento di crisi come quello attuale: la Puglia è in questo momento una Regione in controtendenza, che coraggiosamente si è fatta carico di un ruolo di supplenza in un momento in cui i tagli della spesa pubblica hanno colpito in modo particolarmente grave soprattutto la cultura e la ricerca. In secondo luogo occorre trovare uno staff di collaboratori, come io ho avuto la fortuna di trovare, che non si spaventano di fronte alle sfide impossibili ed anzi si caricano di entusiasmo, quanto più sono difficili gli obiettivi da raggiungere. In terzo luogo occorre trovare degli interlocutori giusti con cui dialogare: all’inizio non è stato facile comprendere e mettere insieme le diversissime esigenze di un convegno scientifico e di un evento artistico culturale. Perciò non so se sia un evento esportabile, ma spero che sia ripetibile, perché, nonostante l’estenuante fatica, confesso che è stato molto divertente organizzarlo.