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Coraggio, lungimiranza, decisione e un’ingente dose di realismo. Non è la prima volta che si torna sull’argomento e, data l’aria che tira, non sarà certamente una delle ultime. Ma se la faccenda non la si affronterà con tale determinazione, le sorti dell’aeroporto di Foggia continueranno ad essere segnate dalla maledetta inconcludenza, che le caratterizza da trentacinque anni a questa parte.
Errori e dilettantismi, accumulati in oltre un terzo di secolo, hanno reso ulteriormente impraticabile una pista diventata improvvisamente insufficiente, all’indomani del blocco dei Fokker F28. Ma ancor più inadeguata con l’incrocio sulla sua traiettoria, nelle fasi più critiche del decollo e dell’atterraggio, dell’articolato complesso sanitario Ospedali Riuniti.A questo si aggiunga che, tra una soluzione tampone e il ripetersi di annunci puntualmente fallimentari, la città è cresciuta e nella sua evoluzione ha continuato ad abbracciare l’aeroporto, soffocandolo. A sua volta, l’aeroporto stesso è stato, ed è, argine ed ostacolo allo sviluppo urbanistico foggiano, verso quell’area che, comunque, ha visto sorgergli a ridosso numerosi insediamenti artigianali e commerciali, fino a comprendere il centro Gds della Coop-Mongolfiera.
Non è questione di pista ortogonale, intersecante o tangente che sia. Fino a quando ci si ostinerà a discutere di “aeroporto di Foggia” sarà comprensibile, nonché giustificata (considerati gli indici di traffico dello scalo dauno, comunque modesti), l’attenzione prioritaria agli scali di Bari e di Brindisi. Senza contare la spinta in atto per quello di Grottaglie, supportata dagli investimenti di Alenia, dalla domanda in crescita del litorale metapontino e dalla performance della sua pista lunghissima.
Tutt’altro impatto potrebbe avere, invece, la primaria esigenza di un “aeroporto del Gargano”, per le sorti del turismo sia in Capitanata che della Puglia in generale. In questa più consona dimensione assumerebbero luce ben diversa le finalità, l’ubicazione ottimale, le potenzialità e i limiti, fino ad oggi evidenziati, degli interventi sull’attuale struttura aeroportuale. Se questo è vero, è inutile girarci intorno. Così com’è, e soprattutto così dov’è, il “Gino Lisa” non potrà mai essere l’aeroporto del Gargano. Prima ci si convincerà della cosa e meno tempo si perderà, ancora, nelle pieghe infinite di una battaglia da tempo già compromessa.
I fatti indicano una classe dirigente e una rappresentanza politica di Capitanata lontane molte miglia dalla capacità d’influenza decisionale che, da anni, esprimono quelle del Salento. Una debolezza che trova riscontro nella matrice barese-salentina del CdA e della dirigenza di Aeroporti di Puglia, dove le valutazioni di convenienza continuano a concentrarsi sul solo capoluogo dauno.
Se il problema fosse Foggia, la strategia a lungo perseguita di “puntare sull’aeroporto di Bari, e fare in modo che sia sempre più facile raggiungerlo da Foggia”, avrebbe pure un senso. Ma la sfida, che la Puglia intera è chiamata a cogliere, è la riqualificazione del Gargano. Un patrimonio ricettivo che continua ad essere sottoutilizzato. Un concentrato di opportunità trasversale a diversi segmenti di mercato. Un marchio apprezzato e conosciuto che va rilanciato, facendo perno su una rinnovata offerta di qualità.
La lontananza dell’aeroporto di riferimento appesantisce gli indici di comfort (trasferimenti, movimento bagagli, ritardi, viabilità…), collocandolo a una distanza percepita ben al di là delle attuali e già insostenibili due ore, due ore e mezza. Un’eternità in tempi di fibra ottica, alta velocità e collegamenti a banda larga. Piombo nelle ali di un’offerta turistica sempre più caratterizzata da soggiorni via via più corti, e da una rincorsa virtuosa a servizi sempre più eccellenti. Aeroporto militare di Amendola, Borgo Mezzanone o altro, a questo punto poco importa. La montagna sacra del Gargano merita più rispetto. Ma dall’intera Capitanata si provi ad avere uno slancio innovativo di creatività e soprattutto di personalità.