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Il 23 marzo del 1988 saranno passati ben trentasette anni. Ora è tempo di di riaprire le indagini per arrivare alla verità. Questo vuole Olimpia Fuina Orioli, madre di Luca Orioli, in una conferenza stampa con accanto l’avvocato catanese Antonino Fiume Freddo, professore di procedura penale e Cassazionista dal 2002. “Abbiamo prove inedite e ci sono nuovi testimoni mai sentiti”. Dichiara in conferenza stampa chiedendo alla Procura di Matera di ridare pace al proprio figlio con un atto di giustizia: Dare verità a quella notte. Solo per ricordare quei momenti. La madre della ragazza scopre la scena: Luca riverso a terra, mentre Marirosa galleggiava nella vasca piena d’acqua. Le indagini iniziali conclusero che la coppia fosse stata vittima di un incidente domestico, provocato da un’elettrocuzione. A dare conforto per una possibile riapertura c’è il pensiero del giornalista Aris Alpi che nel suo libro “Noi Sappiamo” edito da Etabeta ripercorre tutti questi anni di mistero, di verità nascoste: “Le tracce non possono mentirci, si possono alterare, spostare o manomettere, ma una traccia racconta una storia, e la storia è quella che Luca e Marirosa siano stati assassinati”. Dunque accidentalità o duplice omicidio? Per Aris Alpi non ci sono dubbi la morte è arrivata per volontà di qualcuno. “Quell’asciugamano intriso di sangue sotto la nuca di Marirosa, non poteva mentire. Non mentono i genitali tumefatti di Luca Oriolo. Potrebbe essere stata una persona sola, ma ci sono segni, arrossamenti sotto le ascelle di Luca, come a far ritenere che ci sia stato un trascinamento, oppure che sia stato tenuto fermo mentre qualcun altro lo colpiva. Non sarebbe stato necessario manomettere la scena originale se non ci fosse stato nulla da nascondere per qualcuno vicino a Luca e Marirosa”. Le pagine del libro trasudano di parole forti, chiare e nette. L’autore, attraverso precise fonti documentali ricostruisce un drammatico evento lucano intriso di archiviazioni, riaperture e riesumazioni dove, quando la verità era lì per arrivare, veniva fermata per chi sa quale ragione superiore. Una scena del crimine contaminata più volte, corpi spostati, sangue rimosso, ispezione cadaverica dell’ufficiale sanitario falsa, depistaggi, banalizzazione delle indagini, conclusione frettolosa delle stesse, c’è tutto questo nelle oltre duecento pagine, dove scrupolosamente Aris Alpi senza nessuna paura, racconta passaggi e circostanze che gridano vendetta per una verità ancora negata e dove gli interrogativi di quella notte sono rimasti gli stessi di oggi. Indagini indirizzate da subito su una morte avvenuta per “elettrocuzione” a causa di scarica partita dal caldobagno acceso, in una casa ben riscaldata, smentite da un processo fatto alla De’Longhi, produttore dell’elettrodomestico, dove venne provato la sicurezza del prodotto anche immerso totalmente in acqua. Si passò all’idea della morte per monossido di carbonio, tesi che con il tempo perse per strada molti adepti iniziali. Poi una svolta in questa intrigata vicenda datata 1994, anno in cui presso la compagnia dei Carabinieri di Policoro prende servizio il capitano Salvino Paternò, ufficiale qualificato proveniente dalla scuola militare Nunziatella di Napoli, sceso in Basilicata dopo anni di trincea a Secondigliano. Da qui il racconto si fa avvincente, sorprendente con momenti di vero thriller della migliore qualità cinematografica americana con diversi colpi di scena come quello del 2014. Un libro che porta con sé una lunga notte buia della magistratura lucana e un grande dolore della mamma di Luca Orioli, Olimpia Fuina Orioli, che in un’intervista del 2018, ad una televisione lucana dichiarò: “le colpe sono un’eredità che è peccato lasciare ai figli. Chi ha commesso la colpa, la deve scontare, non gli altri”. Ma per l’autore la questione non finisce con questo libro, in futuro ci dovremo aspettare ancora novità letterarie per un evento che probabilmente non si è consumato nel luogo del ritrovamento. Per questo che Olimpia Fuina chiede a cuore aperto la riapertura ma la magistratura lucana saprà ascoltare?. Del resto la prima verità che circola da sempre è quella della indifferenza. Ma sembra che Olimpia abbia superato il primo ostacolo adesso resta quella finale della Magistratura. Con Aris Alpi al telefono le sue parole sono ancora più decise per cercare la verità costi quel che costi: “L’augurio che tutti ci facciamo è senz’altro quello che una nuova quanto risolutiva indagine possa esserci. Non dimentichiamoci che ci sono ancora due famiglie che attendono verità e giustizia. Del resto un’attività investigativa vera e propria non c’è mai stata e quindi partire da zero non sarebbe impossibile sebbene siano trascorsi tanti anni, molti dei protagonisti sono però ancora in vita. L’unica vera indagine ben organizzata fu quella del Colonnello Paternò, che venne fermato proprio quando l’inchiesta entrava nel vivo. Si è perso tanto tempo, con la complicità di molti perché alla fine a qualcuno forse non conveniva che le indagini potessero di conseguenza toccare anche altri aspetti personali poco edificanti che li imbarazzavano ma che ormai tutti sanno. Dopo molti anni qualcuno però potrebbe parlare. Mi si stringe il cuore a pensare che ci sia ancora qualcuno che ritenga che l’assassinio di questi due ragazzi si tratti di un evento accidentale, lo capirebbe anche un bambino. Io intervistai il Prof. Umani Ronchi, ed escluse che si potesse trattate di un evento accidentale viste le evidenze della sua perizia”. Del resto in un piccolo centro le voci corrono, qualcuno sa: “In tanti sicuramente sono a conoscenza di qualcosa, pentiti compresi. Basterebbe avviare delle indagini, delle intercettazioni e dei semplici interrogatori a conoscenti e informati sui fatti. Mi pare che nell’ultima inchiesta, quella conclusasi nel 2011, ad alcuni protagonisti venne semplicemente chiesto di confermare le testimonianze rese anni prima senza un vero e proprio interrogatorio. Si dovrebbe indagare a 360° senza concentrarsi ostinatamente su piste che fino ad oggi non hanno portato a niente, ma anche su un eventuale movente passionale; mi risulta che ci possa essere una pista legata ad una forte gelosia di una terza persona resasi protagonista di altri episodi di violenza, sul quale non si è mai indagato prima”. Le parole di Olimpia Fuina Orolio sono forti: “I morti sono due. A combattere sono da sola. Credo che Qualcuno ascolterà il mio grido, il mio pianto, il mio silenzio, la mia preghiera, il mio dolore nel non aver potuto finora restituire a mio figlio la verità e la giustizia, a lui dovute”

Oreste Roberto Lanza

 

Oreste Roberto Lanza

Oreste Roberto Lanza è di Francavilla Sul Sinni (Potenza), classe 1964. Giornalista pubblicista è laureato in Giurisprudenza all’Università di Salerno è attivo nel mondo del giornalismo sin dal 1983 collaborando inizialmente con alcune delle testate del suo territorio per poi allargarsi all'intero territorio italiano. Tanti e diversi gli scritti, in vari settori giornalistici, dalla politica, alla cultura allo spettacolo e al sociale in particolare, con un’attenzione peculiare sulla comunità lucana. Ha viaggiato per tutti i 131 borghi lucani conservando tanti e diversi contatti con varie istituzioni: regionali, provinciali e locali. Ha promozionato i prodotti della gastronomia lucana di cui conosce particolarità e non solo.