Tempo di lettura: 1 minuto
Poco tempo fa avevamo accolto con piacere le dichiarazioni rilasciate dal Pontefice in occasione del suo viaggio in Africa. Benedetto XVI aveva condannato il modo in cui le grandi multinazionali stanno invadendo il continente africano, appropriandosi delle sue risorse ed espropriando le popolazioni locali dalle loro terre. Aveva anche puntato il dito contro gli organismi geneticamente modificati, sostenendo che l’attività delle società produttrici di OGM contribuisce alla scomparsa delle sementi tradizionali e fa perdere ai contadini la loro indipendenza.
Dal 15 al 19 maggio l’Accademia Pontificia di Scienze ha organizzato una settimana di studio a porte chiuse sulle piante transgeniche, invitando diversi relatori di fama internazionale. È un fatto molto positivo che l’Accademia Pontificia si interessi a certe tematiche perché l’argomento trattato è di grande importanza per il futuro della società: è importante capire e analizzare il ruolo che le piante transgeniche possono giocare a proposito della sicurezza alimentare, prestando particolare attenzione alle reali possibilità di sviluppo che esse possono consentire.
Tuttavia, leggendo il programma pare di scorgere un certo squilibrio nella scelta dei relatori. Quando si parla di OGM sono molti gli attori che giocano un ruolo importante, dagli enti di ricerca alle multinazionali fino ai piccoli contadini, il nostro timore è che la settimana prossima a Roma solo una delle parti in causa sarà rappresentata: quella interessata a una diffusione in agricoltura degli organismi geneticamente modificati, indipendentemente dalla volontà di produttori e consumatori. È quindi con preoccupazione che guardiamo allo svolgersi dell’evento, nell’attesa di poter leggere gli atti del convegno e capire quale sia la posizione che assumerà in proposito l’Accademia Pontificia.