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Il volo N250NB è atterrato a Monaco di Baviera alle 9:15 circa dell’altra mattina. A bordo c’era un passeggero eccellente, che le autorità tedesche aspettavano da anni: il presunto boia di Sobibor, John Demjanjuk, 89 anni.
L’anziano sospettato di avere contribuito allo sterminio di 29mila ebrei nel campo di concentramento dell’allora Polonia occupata, è stato subito trasferito nel carcere di Stadelheim, lo stesso che nel 1922 ospitò per un mese anche Adolf Hitler.
Ad aspettarlo, davanti alla prigione, c’erano decine di giornalisti e di telecamere, che l’hanno ripreso perfino quando era allungato sul suo lettino, all’interno del veicolo, con le braccia incrociate. Demjanjuk non ha voluto rilasciare dichiarazioni, neanche attraverso i sui avvocati, uno dei quali ha comunque detto che, proprio a causa delle condizioni di salute del suo assistito, il processo – probabilmente uno degli ultimi in Germania a un presunto criminale nazista – potrebbe durare mesi.
Demjanjuk ha perso ieri la sua battaglia negli Stati Uniti per evitare l’estradizione e in Germania lo aspettano lunghe ore in tribunale. L’accusa formale è attesa per la settimana prossima, secondo quanto ha detto alla stampa il procuratore di Monaco, Manfred Noetzel. Tuttavia, anche questo appuntamento potrebbe slittare, ha osservato ai vari organi di informazione uno dei legali di Demjanjuk, Ulrich Busch.Tutto dipenderà dalle sue condizioni di salute, incluso l’inizio dell’atteso maxi-processo. Per il momento, i legali dell’ultraottantenne confermano che la linea di difesa sarà semplice. Demjanjuk non è mai stato nel campo di Sobibor e comunque, ha sottolineato Busch, «non c’è alcuna accusa che spieghi nel dettaglio cosa Demjanjuk facesse a Sobibor».
La battaglia legale, quindi, si preannuncia lunga e complessa, anche perchè la difesa è convinta che la Germania «non abbia alcun diritto morale di processare Demjanjuk» e ricorda che in passato presunti ex criminali nazisti con gradi ben più alti di quello attribuito a Demjanjuk sono stati assolti.
Ma c’è di più. Busch mette anche in dubbio la stessa estradizione, sostenendo che sono state seguite «vie illegali per portarlo in Germania» poichè non sarebbe stato applicato un trattato in vigore tra i due paesi per casi del genere.
Demjanjuk, al quale è stata assegnata – secondo il tabloid Bild – una cella di oltre 20 metri quadrati, sostiene che era un soldato dell’Armata Rossa e che fu catturato dai tedeschi. Tuttavia, dai documenti in mano alla procura risulta che, tra marzo e settembre del 1943 si trovava proprio nel campo di Sobibor.
Il presunto criminale nazista sostiene, nonostante ci sia almeno una testimonianza contro di lui, di non avere mai fatto del male a nessuno. Non la pensa così il direttore del Centro Simon-Wiesenthal a Gerusalemme, Efraim Zuroff, il quale ha espresso oggi soddisfazione per l’avventa estradizione e ha commentato: Demjanjuk non dovrebbe essere visto come una persona anziana, «ma come un giovane uomo che nel fiore della sua vita ha dedicato tutte le sue energie a uccidere uomini, donne e bambini».
Da parte sua, Charlotte Knobloch, presidente del Consiglio degli ebrei in Germania e sopravvissuta dell’Olocausto, ha esortato le autorità a non perdere tempo: «Adesso, si tratta di utilizzare tutti i mezzi giuridici possibili per portare Demjanjuk davanti alla giustizia», ha detto.
Questa, ha sottolineato riferendosi all’età di Demjanjuk, è una «corsa contro il tempo».