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Tutti hanno, o hanno avuto, un idolo. Qualcuno capace di aspergere luce come un faro nell’oscurità, abile nello smuovere una coscienza sonnacchiosa o, anche solo, di invitare a
guardare con occhi nuovi la realtà pur senza ripudiare i sogni. Il cantante Michael Stipe non fa eccezione, anche se lui ha avuto modo di conoscere Patti Smith, la sua dea, e di diventarci amico.
La prova tangibile di questo feeling è rintracciabile in Two Times Intro, poetica per immagini celata sotto la falsa apparenza del reportage fotografico. Il libro edito da Quarup racchiude istantanee esclusive, naïf, intense. Catturate per rimanere private, le immagini realizzate da Stipe – non proprio un fotografo professionista – esaltano un fascinoso bianco e nero testimone del secondo debutto, dopo sedici lunghi anni di assenza, di Patti Smith sulle scene. E’ Bob Dylan il fautore di un ritorno necessario a ricucire una serie di strappi con la vita: da ultimo, il funesto lutto che ha sottratto alla cantautrice il marito Fred "Sonic" Smith.
Bastano una manciata di tappe tra il settembre e il dicembre del ’95 sulla East Coast a riaccendere il mito della “poetessa rock”. Stipe si aggrega senza un ruolo ben preciso (“sul pullman, preparava quesadillas riscaldate al microonde”) alla comitiva che riunisce, anzi amplia, i reduci del Patti Smith Group. Una “vera accozzaglia” che apre i concerti per Dylan in un’atmosfera che trascende il mero spettacolo musicale. Le esibizioni, ma soprattutto le tensioni del “prima” e le vibrazioni del “dopo” show, ispirano Stipe a rubare scatti che eternano quei momenti. Una chance piovuta addosso al leader dei REM che può così scontare un vecchio debito di riconoscenza attraverso la sublimazione di semplici ma significativi attimi di un periodo che la stessa Smith ritiene “innocente e dolceamaro”.
Per Stipe, e per molti altri della sua generazione, è la pubblicazione di Horses a decretare l’inizio di una venerazione che risulterà incessante. Il full-length di debutto erompe sul finire del ‘75 col suo carico di sediziose poesie punk.“Non detti tregua al negozio di dischi finché non trovai il suo primo album, che comprai il giorno stesso in cui uscì”, scrive Stipe nell’introduzione del libro, “da andare fuori di testa – emozionale e imperfetto, vertiginoso […] qui c’era qualcosa che mi parlava”.
Con uno stile narrativo singolare – complici gli interventi stralunati, appassionati e poetici di Oliver Ray (autore anche di alcune polaroid), Tom Verlaine, Thurston Moore, William S. Burroughs – e un impatto visivo immediato, il lavoro realizzato da Stipe trascura l’uso formale dell’elemento figurativo per assecondare quello istintivo. In centoventotto pagine, insomma, c’è molto più cuore che fredda tecnica.
Two Times Intro combina il punto di vista privilegiato del fan che vede rinascere il proprio mito di gioventù, con lo sguardo dell’artista ad un altro artista. Two Times Intro è il diario che rivela il dietro le quinte di un evento. E’ un documento da avere.