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A due anni dal convincente esordio discografico i Leitmotiv pubblicano Psychobabele, un disco che a tratti segue le orme del suo precursore più frequentemente ne segna il punto di rottura.
Una nuova epopea, un sound personale a trafiggere il rock e una ricerca nei meandri di una società alienata. Sono questi gli spunti offerti dal nuovo corso, conseguiti grazie ad una scatenata creatività.
Quasi a voler esporre l’antefatto, i cinque pugliesi riesumano l’io narrante de L’audace bianco sporca il resto. Eroe per i vincitori, castigatore per gli sconfitti, il protagonista ha compiuto il suo viaggio e La mia storia è chiara risulta appendice all’album precedente ed introduzione al nuovo. Socchiusa su un Mediterraneo fecondo di suoni sfumati e coloriture tenui, la soglia si apre a soluzioni più marcate: si scalano le solide vette del rock affacciate su sconfinati panorami d’oriente. Del vecchio girovagare permangono solo “pioggia e cenere sul viso” e il profumo di “sabbia che è rimasta sulle dita”.
L’urgenza comunicativa pervade l’intero lavoro e impone un sound più snello, che spinge a ridurre durata e numero di brani. In questo solco si muovono la title track e una Perso che, tra divagazioni new wave, espone lo smarrimento di una società indolente (qui e ora brucia il destino […] perso fra quattro mura, esci senza paura, affronta la luce la gente).
Gli accenti del trittico di apertura mettono in risalto un’intensità inedita, vigorosa ma addomesticata dall’utilizzo distintivo degli strumenti. Nella robusta ritmica di Dino Semeraro (batteria) e Giuseppe Soloperto (basso) si individuano i nuovi cardini a cui saldare i temi elaborati da Giovanni Sileno (chitarra e pianoforte); gli arabeschi elettrici del chitarrista Natty Lomartire e l’espressività della voce di Giorgio Consoli rendono il sound ben definito ed esclusivo. Il sound personale dei Leitmotiv.
Le liriche, quasi completamente scritte in italiano, si asciugano in cerca della rima e sfoltiscono un ventaglio di idiomi spesso ostacolo per un primo ascolto. L’enfasi filmica muta in una forma canzone a tratti immediata, a tratti criptica, a scapito di palesi invettive e bozzetti di amara ironia che bene riescono al gruppo. Presenti, invece, short story come Paludosa, attraversata da spoken e arrangiamenti di fiati; Roma Beirut, un delicato fotogramma urbano; Napoli Minor, ovvero Taranto, che denuncia dramma (“lo scempio non s’arrEST”) e campanilismo (la menzione dell’adagio folcloristico per cui le città più belle al mondo sarebbero Budapèst, Bucarèst e Tarde nuèste, Taranto nostra). La morbida armonia del pianoforte torna protagonista in Limacuore, onirica e notturna, e in Corrente dove fa da spalla al metallico saltellare del clavicembalo.
Con Psychobabele i Leitmotiv muovono un altro passo verso il percorso che li accredita tra i migliori gruppi della scena indie. Stando al noto criterio valutativo delle 5 stelle, al disco non può essere assegnato il massimo voto per mera prudenza: il meglio deve ancora venire.