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Cumuli di dischi autoprodotti grazie al crowdfunding e da ultimo l’accordo con la Xtra Mile Recordings per l’incisione di Horseshoes & Hand Granades. Billy The Kid, moniker di Billy Pettinger, inaugura il sodalizio con l’etichetta indie londinese cercando di rappresentare la propria inclinazione musicale con brani pervasi da venature folk e proponimenti punk.
Quarto capitolo solista di una produzione che vanta numerose uscite, accreditate a side project e collaborazioni, Horseshoes & Hand Granades rivela i suoi momenti migliori quando voce e chitarra acustica si ergono solitari per rimarcare il dittico costituito da canto dolciastro e strumming minimale.
Il disco è stato realizzato con il coinvolgimento di Frank Turner, ex Million Dead, che interviene anche come interprete tra le pieghe malinconiche di This Sure As Hell Ain’t My Life. Produzione pesante ma non di peso la sua, invadente quanto inefficace. Monolitico, il suono si perpetua a più riprese tutt’altro che bilanciato, risparmiando poche divagazioni alt-country che rendono solo in parte giustizia al background della canadese, da più parti definito eclettico. Una lacuna che contribuisce a rendere sbiadito, nel suo insieme, il risultato finale.
A richiamare l’attenzione sono gli episodi che tralasciano la zavorra di artificiosità che grava sui componimenti in favore dell’essenzialità (come si usa dire, “less is more”). L’unplugged di Chelsea Rose, Thoroughfare e Young + On Fire vale più dell’apertura bruciata con una Phone Bills preda di un sound piatto e inespressivo, priva com’è del giusto equilibrio tra i volumi.
Il meglio arriva con Virginia e Walkin’ Around Hotel Blues, a loro modo agili e spontanee, tra enfasi country e accenni di armonica bluesy.
Da una punk girl ci si aspetta più grinta vocale e una maggiore profondità ritmica. Billy the Kid, al contrario, sceglie un profilo moderato, consono agli umori dettati da intrecci spesso orientati all’introspezione che costringono a trascurare quell’affondo in più punti atteso ma mai pervenuto.